L’assistenzialismo impoverisce la persona.
1.200.000 di abitanti, tanti ne conta i comune di Milano. Con questi numeri e con i tempi che corrono, l’assessorato del comune di Milano alla Famiglia, Scuola e Politiche Sociali, è sicuramente uno di quelli sul fronte più caldo.
A Rimini presso la Sala della Provincia si è tenuto il primo incontro del ciclo “Rimini. Esempi per il fare” dal titolo “Welfare comunale. L’esperienza innovativa di Milano”, organizzato insieme all’associazione Ripolitica. Ospite l’assessore Mariolina Moioli che ha raccontato il suo lavoro quotidiano e il tentativo di rispondere ai bisogni di una città così immensa. E’ proprio in una situazione che sicuramente presenta molte difficoltà, dal suo insediamento, la linea è quella di provare, sperimentare pratiche di sussidiarietà, dal welfare state (ormai insostenibile per qualsiasi comune italiano) al welfare community. “Partendo da un principio – ha dichiarato l’assessore Moioli – l’assistenzialismo impoverisce la persona, ognuno ha un suo talento”.
Dal 2006 l’idea è quella di creare un sistema di sussidiarietà, rendendo il territorio e i suoi soggeti protagonisti di questo sistema: “Il nostro sogno è disseminare nel territorio umano competenze sociali al fine di costruire davvero una comunità sociale, creando per esempio custodi sociali nelle portinerie delle case popolari, portieri che sappiano indicare possibili risposte ai bisogni sociali che incontrano. Ad oggi sono 154 e sono parte integrante delle equipe di territorio. In questo modo abbiamo raddoppiato il numero degli anziani a carico. Tutto questo partendo da un dato di impianto culturale: chi è più povero è anche chi ha meno conoscenza dei servizi possibili”.
Questa espansione territoriale del welfare impone una corresponsabilità con il territtorio, protagonista attraverso le persone e le varie forme aggregative, capaci di farsi soggetti attivi individuando il bisogno, rispondendo e controllando la risposta.
Questo è solo uno degli esempi che l’assessore ha portato come testimonianza di un lavoro possibile: applicare il principio di sussidiarietà e questo non per un progetto ideologico, ma per un miglioramento dei servizi e della possibilità di scelta delle persone che hanno bisogno.
Un lavoro innanzitutto culturale. Perché la sussidiarietà vuol dire anche prossimità di chi può rispondere con un servizio al bisogno. Ha raccontato l’assessore Moioli: “ Per fare si che si potesse usufruire dei servizi nella zona più vicina possibile, abbiamo creato un albo sperimentale unico dove diversi soggetti hanno indicato la loro esperienza e quale era il loro ambito di intervento, dando la possibilità di lavorare al massimo in due zone. Hanno presentato domanda 60 organizzazioni, 37 sono state accreditate per un totale di 135 opportunità per le 9 zone. Prima le organizzazioni che gestivano tutto erano 20. Si è costruito un mercato sociale che ha arricchito il welfare e l’offerta per tutti i cittadini milanesi”. Un altro progetto su cui il comune di Milano sta lavorando è quella di creare fasce di reddito e non indicatori per cui se si è fuori anche di un solo euro, non si può accedere al servizio.
Ma come già detto prima, il problema è un approccio culturale: “prima il Comune di Milano comprava i posti nei nidi dai privati, ora esiste l’accreditamento, in questo modo il controllo dell’amministrazione sui posti è a monte e quando parlo di posti dei nidi, io non parlo di quelli del comune e di quelli privati, ma considero tutti insieme, questa è l’offerta del comune di Milano. E siamo al 50 per cento di posti rispetto alle nascite, gli obbiettivi di Lisbona chiedono il 30 per cento”.
Insomma un esempio di come la sussidiarietà non sia solo aria fritta o un bel principio, ma qualcosa di applicabile concretamente, con un miglioramento sia per le amministrazioni che per i cittadini, iniziando ha dichiarato la Moioli “riconoscendo a ciascuno la capacità di essere soggetto protagonista, incorporando dentro il sistema di welfare la capacità di ciascuno di noi”.