Dal Racconto di Joseph Roth
“LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE”
Con Carlo Pastori e Marino Zerbin
Poesie di Franco Loi (per gentile concessione dell’autore)
Arrangiamenti per d’archi di Walter Muto Regia di Carlo Rossi
17 dicembre 2019 ore 21,15
Centro Tarkovskij – via Brandolino – Rimini
L’allestimento mette in scena, in forma di racconto teatrale con canzoni, la storia di Andrea, barbone parigino toccato dalla Grazia di un Incontro con un benefattore che, a patto che la somma venga restituita alla piccola S. Teresa nella chiesa di S. Maria di Batignolles, gli offre una somma in denaro di cui poter disporre liberamente.
Andreas si avvicinò barcollando, s’inchinò alla bambina e le disse: “Che cosa fai qui?” “Aspetto i miei genitori che escono ora dalla messa, vengono a prendermi. E questo succede ogni quattro domeniche” lei disse, ed era tutta intimidita dall’uomo anzianoche le si era rivolto così d’improvviso. Aveva un po’ di paura di lui.
Andreas le chiese: “Come ti chiami?” “Teresa”, rispose lei.
“Ah,” esclamò Andreas “ma questo è bellissimo! Non avrei mai pensato che una così grande, così piccola santa, una così grande e piccola creditrice mi concedesse l’onore di venirmi a cercare, dopo che io ho tardato tanto ad andare da lei.” (…) Da tanto tempo io le devo 200 franchi, e non mi è più riuscito di restituirglieli, signorina santa!”
“Lei non mi deve affatto dei soldi, ma io ne ho un po’ nel borsellino, li prenda e vada via, che stanno per arrivare i miei genitori”.
E con ciò tolse dal borsellino 100 franchi e glieli dette.
La piccola santa libera Andreas del peso del suo debito – Lei non mi deve affatto dei soldi -, lo libera “dal peso di quel limite che l’uomo trova dentro tutto quello che fa”.
Ma non solo.
Andreas al momento di questo suo incontro con la bambina ha già ritrovato per l’ennesimo ‘miracolo’ i soldi necessari per ripagare il suo debito, e il dono di Teresa ha davvero la consistenza del centuplo, di un anticipo sulla eredità promessa.
L’idea di seguire insieme uno spettacolo per prepararsi al Natale è perché una rappresentazione teatrale – che accade sempre nuova ogni volta che si ripete – non chiede una comprensione distaccata, ma proprio quella immedesimazione alla quale don Giussani tante volte ci ha invitato (“immedesimarsi vuol dire abbandonare la posizione in cui si è”); aiutandoci così a riscoprire come la grazia della Sua presenza riaccada continuamente nella nostra vita.