Leggere un libro è anche incontrare un uomo, la sua cultura, la sua biografia il suo sguardo sul mondo. Se questo è sempre vero, lo è ancor di più con La solitudine spezzata, Qiqajon 2019, di Erik Varden, oggi vescovo di Trondheim nella protestante e iper-secolarizzata Norvegia.
È questo l’ambiente culturale che respira fino ai sedici anni, figlio di genitori agnostici, sebbene i nonni siano molto religiosi ma distanti 400 chilometri. Cresce trovando rifugio nella letteratura, amando Hermann Hesse, Sigrid Undset (Kristin figlia di Lavrans) e Karen Blixen (Il pranzo di Babette).
«Cercavo – ha raccontato – con urgenza un significato per la mia vita, pur immerso in un ateismo aggressivo tipico dell’adolescenza». Quindi si avvicina a Franz Kafka e Rainer Maria Rilke. Lo attirano gli autori che sono testimoni del «mondo immerso nella notte» del secondo conflitto mondiale. «Sono stato formato dai lavori di Elie Wiesel e Primo Levi, Etty Hillesum e Aharon Applfeld, Jacquas Lusseyran, Ilse Weber, e molti altri».
Finché una sera, solo in casa, ascolta la seconda sinfonia di Gustav Mahler, Resurrezione, diretta da Leonard Bernstein. «Era come se il mio cuore, all’improvviso, si aprisse a una certezza, quasi istintiva, che Dio esiste davvero. Attraverso la musica di Mahler, Dio mi ha ferito e mi ha ispirato un grande desiderio di conoscerlo e la mia vita è diventata un tentativo di rispondere a questa grazia primaria».
Per il giovane Erik inizia un percorso che, mentre è studente a Cambridge, lo porta ad aderire alla Chiesa cattolica. «Quando compresi lo scopo dell’azione sacramentale, grazie alla quale tutto ciò che è in paradiso e sulla terra è attirato in un singolo istante, il significato di ogni cosa tenuto, per essere spezzato, nella mani di un essere umano, spezzato anch’egli (…), seppi di essere arrivato a casa». Intellettualmente dotato, diventa insegnante ricercatore al Saint John College di Cambridge. In questo periodo comincia a frequentare la vicina abbazia trappista Mount Saint Bernard dove entra come novizio nel 2002, all’età di ventotto anni. Nel 2015, a soli quarantuno anni, viene eletto abate. Solo quattro anni più tardi papa Francesco lo chiama alla successione apostolica (certamente uno dei vescovi più giovani al mondo), ponendolo a guida di una prelatura territoriale (nemmeno ventimila anime) da tempo senza pastore. Da vescovo sceglie come motto una frase di san Gregorio Magno: «coram fratribus meis positus, intellexi», «faccia a faccia con i miei fratelli, ho cominciato a capire». coramfratribus.com è diventato anche il suo sito, dove riporta ogni omelia, scritto, intervento.
The Shattering of Loneliness. On Christian Remembrance (questo il titolo originale) in Gran Bretagna è diventato un best seller. Nelle 150 pagine dell’edizione italiana l’autore ci documenta la sua storia, la sua fede, la profonda conoscenza biblica, la sapienza monastica acquisita nella trappa, le competenze linguistiche antiche e moderne, gli incontri e le passioni letterarie.
Dopo l’introduzione autobiografica, si susseguono sei capitoli, ciascuno dei quali prende spunto da un versetto biblico che richiama alla memoria nell’esperienza cristiana: Ricorda che sei polvere, Ricorda che sei stato schiavo in Egitto, Ricordatevi della moglie di Lot, Fate questo in memoria di me, Il Paraclito vi ricorderà ogni cosa, Guardatevi dal dimenticare il Signore.
Ogni capitolo ha lo stesso schema: prima un ricco itinerario biblico sapienziale, poi il racconto di una storia, a volte reale, a volte letteraria, che Varden sceglie per documentare il riverbero esistenziale della meditazione svolta.
Scopriamo così lo scrittore svedese Stig Dagerman, anarchico e nichilista, morto suicida a 31 anni, con il suo «bisogno di consolazione»; siamo condotti nel deserto sulle tracce del monaco Zosima e di santa Maria Egiziaca; restiamo sgomenti ed edificati allo stesso tempo nel leggere il racconto della vita di Maïti Girtanner, la giovane pianista arrestata dalla Gestapo perché aiutava gli ebrei a fuggire: sottoposta a lunghe e atroci torture, si salvò solo per l’intervento della Croce Rossa (e dopo quarant’anni ricevette una telefonata dal suo torturatore che chiedeva il suo perdono); siamo invitati a leggere un poco citato romanzo breve di Tolstoj, Padre Sergij; siamo introdotti alla vita del santo monaco Serafim di Sarov scritta da Iulia de Beausobre.
Nel sesto capitolo l’approfondimento letterario è dedicato ad Andreï Makine, scrittore nato in Siberia, poi esule a Parigi dove a lungo ha vissuto senza fissa dimora. «Egli – osserva Varden – ha la comprensione del desiderio tipica di un esule». Sì, perché il filo rosso di questa meditazione (Guardatevi dal dimenticare il Signore) è proprio il desiderio che Varden introduce con l’amato poeta Rilke e sviluppa (questa è la sorpresa) con Atanasio di Alessandro, il campione della cristologia ortodossa, l’inflessibile avversario di Ario. Secondo Varden, il trattato L’incarnazione del Verbo «illustra chiaramente un’antropologia fondata sul desiderio». Un desiderio che può essere brama (hedonè), edonismo, o può essere pòthos, anelito ad un bene distante. Varden propone questa provocante sintesi del pensiero di Atanasio: «Una nuova creazione era necessaria. Questa è la ragione per cui il Logos è entrato nella storia. Dio non era preparato a lasciare che il nostro desiderio (che ha origine in noi) avesse l’ultima parola. Al contrario desiderava rivendicare il nostro desiderio (la cui origine è lui)».
Varden in conclusione regala ai suoi lettori una citazione di Giovanni Crisostomo che dopo sedici secoli conserva intatto il sapore di una moderna contemporaneità: «Mi hai affascinato con il desiderio, o Cristo, mi hai trasformato con il tuo divino amore».