La Repubblica (6 aprile 2011) ci informa della pubblicazione di una “bibbia laica” del filosofo inglese A. C. Grayling, titolo “The good book: a secular bible”, compendio di aforismi parabole e precetti, presi da Eschilo, Euripide, Seneca, Platone, Voltaire e altri. “Per dimostrare, afferma Grayling, che la Bibbia non ha l’esclusiva della moralità e che l’umanesimo non ha nulla da invidiare alla religione”.
I dieci comandamenti: “Ama gli altri, fai il bene, non fare il male, aiuta i bisognosi, pensa con la tua testa, sii responsabile, rispetta la natura, dai il massimo, sii bene informato, sii coraggioso”.
L’inizio è una riscrittura della Genesi: “In principio c’era un albero in giardino, in primavera metteva foglie, in autunno dava frutti. E il suo frutto era la conoscenza, insegnando al giardiniere a comprendere il mondo”.
Che mondo quello del filosofo inglese, senza drammi, con alberi verdeggianti, dove tutti danno il massimo e imparano a conoscere. C’è pure il comandamento dell’amore.
Eppure ha qualcosa di sinistro, di tetro. Sarà perché l’amore qui è solo un comandamento e non un’esperienza: essere amati.
E’ chiaramente un mondo “senza Gesù”.
A questo punto vorrebbero farci arrivare: concepire un mondo in cui l’amore sia la prima, più bella e alta parola, ma senza Lui, senza la fonte dell’amore. Senza la sete di lui (“Signore, dammi di quest’acqua”). Così, senza l’esperienza dell’essere amati, sarebbero loro, i padroni della bibbia laica, a insegnarci e a dettare che cosa significhi fare il bene.
Al diavolo un mondo così, preferisco il mondo mezzo storto in cui mi trovo perché è qui che io ho sete di perdono e di amore. Ho sete di Gesù non perché lo immagino ma perché l’ho incontrato alla fonte e ha letto tutto di me, come è successo a quella donna a Sicar, vicino al pozzo di Giacobbe. E’ questo bisogno a definirmi, non mi può bastare nessun albero in giardino.